La narcolessia è una rara patologia del sistema nervoso centrale ad eziologia sconosciuta che colpisce circa una persona su 2000.
La patogenesi più accreditata al momento è di tipo autoimmune, sulla base di una predisposizione genetica che causa la morte delle cellule che nell’ipotalamo producono orexina, un neurotrasmettitore fondamentale per mantenere la veglia.
Nei secoli è stata spesso considerata una forma d’isteria oppure una manifestazione epilettica, e solo alla fine del XIX secolo è stata riconosciuta ed è stato coniato il nome di narcolessia da parte di Jean-Baptiste-Edouard Gélineau.
Insorge generalmente dopo la pubertà con l’Eccessiva Sonnolenza Diurna (ESD), considerata condicio sine qua non per porre diagnosi. All’inizio la sonnolenza può essere lieve, ma nei mesi tende ad essere sempre più manifesta, favorita dapprima da situazioni monotone, ma successivamente si possono avere veri e propri “attacchi di sonno” anche mentre si parla, si mangia, si svolge attività lavorativa o si guida. L’ESD di solito migliora se si effettuano brevi riposini di circa venti minuti, ma tende a ripresentarsi. In alcuni casi l’EDS può dare luogo ad una riduzione della vigilanza con comportamenti automatici incongrui di cui il soggetto non serba ricordo, pur essendo lo stesso apparentemente sveglio.
La cataplessia è un sintomo patognomico della narcolessia, che compare generalmente dopo qualche anno dall’ESD, caratterizzata da improvvisa perdita di tono muscolare scatenata da una forte emozione. Nella maggior parte dei casi sono interessati solo alcuni distretti muscolari (le gambe o la faccia), ma in alcuni casi è così massiva da determinare l’improvvisa caduta a terra del paziente, perfettamente cosciente. La durata dell’episodio è di solito breve, inferiore ai 2 minuti, si può ripetere più volte nella stessa giornata ma anche meno di una volta al mese.
Altri sintomi frequenti della narcolessia sono la paralisi nel sonno, in cui il paziente si sveglia ma è nell’impossibilità di effettuare qualsiasi movimento per qualche minuto, e le allucinazioni in fase di addormentamento (ipnagogiche) o al risveglio (ipnopompiche). Sono generalmente allucinazioni multisensoriali (visive, uditive, tattili), somigliano alle immagini dei sogni ed il paziente non sempre riesce a differenziarle dalla realtà.
I narcolettici presentano inoltre un sonno frammentato e percepito come non ristoratore.
Il sintomo generalmente più invalidante è l’ESD che non permette un regolare svolgimento delle attività quotidiane. I pazienti evitano spesso anche di guidare per paura di incorrere in incidenti. In generale i più tendono ad isolarsi dal contesto sociale, manifestano frequentemente altri disturbi psichici quali ansia e depressione, spesso sono obesi.
Essendo una patologia rara, cui non si presta la dovuta attenzione, rimane a lungo non diagnosticata (generalmente trascorrono almeno sette anni dall’insorgenza dei sintomi), oppure scambiata per una patologia psichiatrica, soprattutto schizofrenia e depressione, per epilessia o per la Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno. Non solo i medici di medicina generale, ma anche specialisti neurologici o psichiatri, non hanno sufficienti informazioni sulla patologia per riconoscerla.
Si stima che in Italia ad esserne affette siano almeno 25.000 persone, ma solo su meno di 600 casi è stata effettuata una diagnosi certa ed attuata una terapia. La maggior parte dei narcolettici continuano a vivere in una situazione altamente invalidante, senza un corretto inquadramento, o peggio assumendo terapie inappropriate.
Seppur una terapia definitiva non esista, alcuni trattamenti farmacologici, sia per l’ESD che per la cataplessia e la paralisi nel sonno, ma anche indicazioni per una corretta gestione della sintomatologia, permettono anche ai narcolettici di avere un’adeguata qualità della vita.
Una ritardata diagnosi è sempre causa di sofferenza in ambito scolastico, lavorativo, familiare e sociale.